Es 17,3-7; Rom 5,1-2.5-6; Gv 4,5-42.
Senza la fede in Dio il mondo avanza in un deserto arido, privo di speranza e di ogni possibilità di salvezza … manca un elemento vitale: l’acqua! Nella Bibbia si parla molto spesso dell’acqua. Il profeta Geremia dice che, allontanarsi dal Signore è rimanere senz’acqua (Gr 2,13). Isaia conclama il popolo che si è allontanato da Dio: O voi tutti assetati venite all’acqua (Is 55,1). “Dacci dell’acqua da bere” grida il popolo ebreo a Mosè, come narrato nella 1ª lettura di oggi. Nel deserto la fame e la sete si fanno sentire, e il popolo comincia a diffidare di Dio e di Mosè come suo inviato, e si domanda: “Il Signore è in mezzo a noi si o no?” (v. 7). Il Signore risponde facendo scaturire l’acqua dalla roccia, e il popolo continuò il cammnino verso la terra promessa. E “Quella roccia era Cristo”, afferma san Paolo, riferendosi al battesimo (1Cor 10,4). Nella stupenda pagina del vangelo di oggi, Gesù ci parla dell’acqua, di questa familiare, chiara e quotidiana creatura che san Francesco chiamava: “Sorella acqua, umile, preziosa e casta”. Sulla croce, Gesù ce la lasciò quasi in eredità, quando dal suo costato aperto dalla lancia sgorgò sangue ed acqua (Gv 19,34) in cui sono adombrati i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia. Così Gesù volle che la salvezza scorresse, attraverso i secoli, sull’onda dell’acqua del battesimo. I primi cristiani, come tanti pesciolini – come li chiamava lo scrittore Tertulliano – sapevano di essere nati dall’acqua del battesimo. Lo abbiamo sentito: in cammino verso Gerusalemme, attraversando la Samaria, stanco, Gesù si siede sul pozzo della piazza; si tratta del pozzo di Giacobbe. Anticamente, il pozzo era un importante punto di incontro delle persone: i pastori per abbeverare le loro greggi; i viandanti per ristorarsi; i commercianti con le loro mercanzie in attesa dei clienti; gli innamorati in cerca di una compagna.
Verso mezzogiorno arriva una donna samaritana che, come ogni giorno, va ad attingere dell’acqua. Vita monotona di vai e vieni per prendere l’acqua; azione meccanica senza aspettarsi nulla. Ma quel giorno c’era uno straniero ad attenderla e a sorprenderla. “Dammi da bere”, le chiede Gesù (v. 7). La donna si meraviglia che un giudeo rivolga la parola a una samaritana, e in un’ora insolita. Tra i due popoli c’era un’avversione storica, perché i samaritani si erano allantanati dalla tradizione religosa degli ebrei. E anche perché parlare con una donna, sola e a quell’ora, non era prudente. Infatti quando i discepoli ritornano e vedono Gesù conversare con la samaritana, rimangono meravigliati (v. 27). All’obiezione della donna, Gesù replica: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi é colui che ti chiede da bere, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (v. 10). Ma se tu non hai neppure il secchio e il pozzo è profondo, come puoi darmi da bere? Gesù continua a provocarla: Chi beve l’acqua del pozzo continua ad aver sete; “chi beve l’acqua che io darò non avrà mai sete” (v. 14). La donna non esita: “Signore, dammi di quest’acqua, perchè non abbia più a venire ogni giorno al pozzo”. Mai parole più vere: nulla ci sazia, niente ci soddisfa. Gesù, però continua a provocarla: “Va a chiamare tuo marito”. E qui Gesù mette a nudo la situazione della donna: non puoi chiamarlo perchè lei non ha marito, infatti quello che ha è il sesto. Chiedendole da bere, Gesù vuole che la donna dia nome al suo malessere e un volto al suo disagio, per avere la luce di un senso della propria vita. Spesso ci lasciamo ingannare dalle false seti come la samarita con i suoi sei mariti, simbolo dell’umanità smarrita. Siamo fatti per l’infinito; nulla di quello che abbiamo ha la capacità di saziarci, perchè tutto è transitorio, limitato.
Alla rivelazione della sua vita intima la donna esclama: “Vedo che sei un profeta” (v. 19). Ma sposta la conversazione sulla delicata questione del Tempio di Gerusalemme, non più riconosciuto dai samaritani. Gesù non entra nella polemica, ma fa un passo avanti: non è importante il luogo dove si adora Dio, perchè é già arrivato il tempo in cui lo si adora in spirito e verità. Su questo, risponde la donna, ci istruirà il Messia. È il momento culminante e sorprendente del dialogo: Il Messia, “sono io che parlo con te” (v. 26); sono io l’acqua viva che dà senso alla tua vita.
Sul più bello, il diaologo è interrotto con il ritorno degli apostoli, e la scena si scompone: la donna lascia la sua anfora e ritorna al villaggio, narrando ai concittadini quello che è sucesso, indagando: “Che sia lui il Messia?” (v. 29). I samaritani corrono al pozzo e rimangono sospresi dalla conversazione di Gesù tanto che, a loro richiesta, Gesù rimane nel villaggio per due giorni. Grazie alle parole della donna e adesso per aver udito Gesù, molti lo riconoscono come il “salvatore del mondo” (v. 42). Vediamo il messaggio che ci viene dall’episodio della samaritana.
– Nessuno ha l’esclusività della fede; è un dono! Gesù annuncia il Vangelo nella Samaria, estranea alla fede degli ebrei: rompe le frontiere culturali e religose; infrange confini, divisioni e limiti; riesce a cogliere il bisogno profondo della ‘straniera’; ilVangelo va annunziato a tutti. È una risposta alle prime comunità cristiane di origine giudaiche, che avevano difficoltà ad annunciare il Vangelo ai pagani.
– Il cammino della samaritana è il simbolo del nostro cammino di fede: all’inizio Gesù è un semplice viandante, un giudeo (v. 9); poi diviene signore (v. 11); poi un profeta (v. 19), in seguito il Messia, infine il Salvatore del mondo (v. 41). Anche per noi la fede è una continua scoperta che nasce da un incontro personale con Gesù.
– Una volta incontrato Gesù, tutto diventa secondario: la donna lascia l’anfora e va ad annunciare Gesù al villaggio. Una volta scoperta l’altra acqua, Gesù fonte di vita eterna, non ha più bisogno dell’anfora; ha scoperto l’essenziale, e ci ricorda che ciò di cui abbiamo bisogno nella vita non sarà mai una cosa, ma una persona, Gesù. È l’invito al battezzato di divenire missionario, apostolo, catechista per raccontare a tutti la gioia di aver incontrato il Signore. In ogni battesimo nasce un nuovo missionario, un annunciatore, un testimone. Nessuno è battezzato per se stesso!
– Il pozzo ci richiama la riserva dell’acqua. Nelle nostre ricerche di felicità, a volte facciamo l’esperienza di cisterne e pozzanghere: abbiamo tutto, abbiamo troppo pane, eppure la sazietà non ci basta più. Guardando dentro il nostro frigorifero sappiamo di che cosa viviamo, ma non sempre sappiamo a che scopo viviamo.
– Gesù si presenta come un viandante assetato a mendicare un sorso d’acqua: la sua è sete di salvare l’umanità; anche sulla croce ha manifestato questo struggente desiderio: “Ho sete!” (Gv 19,28). Anche noi abbiamo bisogno di un’acqua che ci ristori e ci rigeneri, così da rendere fecondo di senso della nostra esistenza.
– È Gesù la sorgente d’acqua pura che sazia ogni sete e colma la nostra vita. L’acqua viva del nostro battesimo, sgorgata dal petto squarciato di Gesù, “ha riversato nei nostri cuori l’amore di Dio”, come ci ricorda san Paolo nella 2ª lettura (v. 5). Amore che ha del sorprendente, perchè è stato riversato in noi “mentre eravamo ancora peccatori” (v. 8). E nulla può impedire all’amore del Padre di raggiungerci, ovunque e in qualunque situazione ci troviamo, perchè il suo amore è più grande del nostro peccato! E non ci rimane che ringraziarlo e lodarlo per quest’acqua pura del battesimo che ci dà la grande e decisiva certezza: il battesimo ci ha resi figli, noi siamo amati da Dio. Una santa quaresima!