In questo Tempo pasquale, chiamato il tempo della Mistagogia, cioè dell’introduzione ai misteri, della comprensione dei sacramenti, i temi della Risurrezione e del Battesimo, appaiono come correlativi, e sono ripresi anche dalle letture di questa domenica. I vangeli ci mostrano che la resurrezione non fu un fatto ovvio per i discepoli; essa si impose, con non poche difficoltà, nonostante le ripetute apparizioni di Gesù risorto. La prima di tutte era la morte ignominiosa di Gesù; un vero scandalo, soprattutto, perchè si trattava di un uomo giusto che è passato facendo il bene, secondo l’espressione di Pietro negli Atti (10,38). Il Messia era aspettato potente e glorioso, e c’era come capirlo, perchè era l’inviato da Dio per liberare il popolo dall’oppresione. E non era facile invece capire come Dio mandasse per questa missione il figlio di un falegname! Per di più la Bibbia aveva definito “maledetto colui che è appeso alla croce” (Dt 21,23; Gl 3,13).
Il vangelo di oggi ci da un’idea del clima che regnava tra i seguaci di Gesù dopo la sua morte: tristezza, desolazione e delusione. Col volto triste due dei discepoli ritornano al loro villaggio delusi e traditi: il Maestro è stato stroncato da una morte ingiusta e crudele. Eppure era un uomo accreditato da Dio! La loro esperienza con Gesù si è conclusa nel fallimento: “Speravamo che lui liberasse Israele” (v. 21). Mentre si raccontano la disgrazia che li accomuna, gli si accosta uno sconosciuto, un pellegrino salito anche lui a Gerusalemme per la Pasqua e chiede loro: “Che discorsi state facendo e perchè tanta tristezza nei vostri volti?” (v.17). La domanda sorprende i due: sei stato a Gerusalemme, come è possibile che tu sia rimasto così estraneo a quanto è successo là in questi giorni; vivi nelle nuvole? Ma Gesù risponde con durezza: “Stolti e lenti di cuore … non bisognava che Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella gloria?” (v. 25-26), proprio come Lui stesso aveva spiegato per tre volte, mentre si recavano a Gerusalemme. E con la pazienza che lo ha caratterizzato, Gesù si mette a rifare la catechesi, cominciando da Mosè fino i profeti, spiegando loro la figura del Messia, non glorioso e trionfante, ma umiliato fino alla morte. Continuano il loro cammino verso Emmaus, ma non riescono a riconoscere l’identità del pellegrino. La tristezza aveva preso il sopravvento.
Finalmente giungono a destinazione e Gesù riprende l’atteggiamento di prima: fa finta … come se dovese procedere oltre; ma si lascia pregare: “Resta con noi”, “perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (29), e può essere pericoloso camminare da solo di notte. In realtà il motivo è un altro … sta passando il terzo giorno, entrare nel quarto è, perdere ogni speranza (Gv 11,17.39), perché si pensava che l’anima al quarto giorno lasciasse il corpo. E succede proprio quello che in fondo Gesù voleva: rimanere a cena con loro per manifestarsi (v. 29.31). Si ferma a cena con loro ed ecco la sorpresa: allo spezzare del pane gli occhi dei due si aprono, lo riconoscono: “E’ il Signore!” Ma, Egli scompare.
E il cambiamento nei due è immediato: dimenticano che è scesa la sera, che è pericoloso camminare di notte; correndo ritornano a Gerusalemme, la città della morte, per unirsi agli altri dai quali si erano separati. E l’incontro diventa festa: si, il Maestro è vivo. Anche questo episodio ha un valore simbolico. Vediamo di coglierne l’insegnamento. L’episodio è ripreso dall’evangelista Luca per rispondere a una domanda che i cristiani della terza generazione, quelli del suo tempo si facevano: come possiamo oggi incontrare il Signore risuscitato?
L’episodio ha due tappe. Nella prima troviamo una catechesi sull’importanza della Parola di Dio nella vita del credente. I due discepoli si erano fatta un’idea del Messia a partire da quello che si diceva tra il popolo. Era necessario approfondire questa idea alla luce della Parola di Dio, proprio come aveva tentato di fare Gesù, per tre volte, durante il cammino verso Gerusalemme, spiegando loro che i profeti avevano parlato del Messia sofferente. Gesù, rimproverandoli per la loro “durezza nel credere a tutto ciò che hanno detto i profeti”, riprende con i due discepoli questo insegnamento, partendo da Mosè. Il messaggio è chiaro: il primo incontro con Gesù si dà nell’ascolto della Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha elaborato un importante documento sulla Parola di Dio, insistendo sulla urgente necessità che tutti abbiano accesso e si alimentino di essa. Citando san Gerolamo, arriva ad affermare che: “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” (Dei Verum 25). La fonte della nostra fede è la Bibbia, soprattutto i vangeli perché, come ricorda San Paolo, la fede nasce dall’ascolto (Rom 10,16). Senza una solida conoscenza della Parola di Dio, anche la fede risulta debole ed esposta a dubbi e pericoli.
La seconda tappa dell’incontro avviene a tavola, durante la cena: “Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzo e lo diede loro” (v. 30). Ed ecco la manifestazione dell’ignoto ospite: “Allora si aprirono loro gli occhi e o riconobbero”. Questi gesti di Gesù li riconosciamo molto bene anche noi: sono i gesti dell’Eucaristia, dove il Risorto si incontra di modo chiaro e definito. La Parola di Dio, ci prepara all’incontro, fa ardere il cuore, come hanno affermato i due discepoli, ripensando alla spiegazione della Bibbia durante il cammino. Ma Egli sparì dalla loro vista”, si perché, d’ora in poi, si farà presente nella Parola e nell’Eucaristia. Ma non è tutto! L’avvenuto incontro con il Signore non può rimanere fra di loro. È necessario l’annuncio; è necessaria la missione, pechè tutti gioiscano nel sapersi amati da Dio.
Ed ecco, allora, una terza tappa: il ritorno alla Comunità che, nel momento della crisi avevano abbandonato, non trovando risposta a quanto era accaduto; avevano preferito gestirsi da soli; ritornare alla vita di prima, perché il Maestro di Nazareth non aveva corrisposto alle loro aspettative. Sarà anche la scelta di Tommaso e di Giuda! Ma adesso, dimenticando i pericoli della notte, riprendono il cammino verso Gerusalemme dove incontrano gli altri: ed è festa! Raccontano quanto successo e sono confermati reciprocamente nella fede del Resuscitato, perché “è apparso anche a Pietro”. Ed è in questo contesto comunitario che Gesù si presenta augurando loro la pace. Ma, come abbiamo visto domenica scorsa nella lettura degli Atti, gli Apostoli hanno ritrovato sé stessi nell’assiduità della vita comune. Si, perché è là che ci rincuoriamo l’un l’altro. Abbiamo bisogno della Comunità, pur con i suoi limiti, per alimentare e sostenere la nostra fede. L’allontanamento da essa mette a rischio la nostra fede e finisce per abbandonare lo stesso Gesù, perché senza la Chiesa Gesù svanisce, diventa un’idea. E la fede non nasce né si riduce a un’idea, ma dall’incontro gioioso con Lui. Oggi, come sempre, la voce di Gesù risuona nella Comunità di fede che si siede a tavola, dopo aver riscaldado il cuore con l’ascolto della sua Parola. In ogni celebrazione eucaristica noi percorriamo il cammino dei discepoli di Emmaus: dai riti iniziali, all’ascolto della Parola, alla liturgia eucaristica, fino al congedo finale. È là che si attua l’incontro sempre più profondo e reale con Gesù crocifisso e risorto. Ed è così che partiamo per il mondo come testimoni gioiosi! Buona Domenica.