Siamo in cammino verso la Pasqua; questa 4ª domenica di quaresima è chiamada la domenica laetare, dalla prima parola dell’antifona della messa: “Rallegrati, Gerusalemme … Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza”. L’invito alla gioia è dovuto all’approssimarsi della Pasqua, nel cui mistero siamo stati immersi con il battesimo che in ogni vigilia attualizziamo. Questa domenica – che ha come tema centrale la luce – è come un fermarsi per ricordarci il senso del nostro cammino quaresimale: inseriti nel mistero di Cristo siamo investiti dal suo Spirito per essere luce. Le letture di oggi hanno un chiaro sapore battesimale; la 1ª lettura parla dell’ unzione del re Davide; la seconda della luce, che ci ha investiti nel giorno del nostro battesimo e ci ha fatti figli della luce; il vangelo, con l’episodio del cieco nato,  descrive il cammino della fede del catecumeno che lo porta a scoprire sempre di più l’identità di Gesù luce del mondo, e la  propria identità di battezzato e discepolo. Si tratta di una catechesi sul battesimo.

Il primo elemento battesimale ci è fornito dall’unzione nella 1ª lettura: Dio, che vede con il cuore, sceglie e unge Davide come suo servo. Per vedere le cose nella loro realtà non bastano gli occhi, perchè la comprensione che ci danno delle cose rimane in superficie; ci porta all’illusione di credere che esiste solo quello che vediamo e verifichiamo. A questo discernimento il profeta Samuèle arriva lentamente; anche lui si lascia condizionare dalle apparenze: Eliab è il primogenito, alto, fiero … non è possibile, anzi, è assurdo che Dio scelga un adolescente cioè, l’ultimo, per un compito così importante. L’unzione fa irrompere su Davide lo Spirito che lo accompognerà per un giusto governo; l’unzione implica una missione.

Anche nel nostro battesimo lo Spirito è entrato nella nostra vita, e continua a fare irruzione in ogni celebrazione dei sacramenti, se ci lasciamo guidare da Lui. L’unzione indica la nostra consacrazione alla missione di annunciare e testimoniare il Vangelo; per questo nell’olio è aggiunto un profumo perchè, spiegava san Cirillo di Gerusalemme con una bella immagine: per mezzo delle nostre opere, avunque noi stiamo, siamo chiamati a diffondere la fraganza di Cristo e il profumo del suo nome.

Il secondo elemento battesimale ci è dato dalla luce nel vangelo di oggi che narra la cura del cieco nato. Lui non ha chiesto nulla; è Gesù che posa lo sguardo misericordioso su di lui e lo cura, dopo un’interrogazione dei discepoli circa la causa della sua cecità: “Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori” (v. 2). Nella narrazione dell’episodio emergono i temi della luce e del battesimo nel quale avviene l’incontro con Cristo che si propone come “la luce del mondo”. L’evangelista non lo fa con riflessioni astratte, ma con un fatto concreto: Gesù dona la vista a un cieco nato. In questo racconto, pieno di simboli, l’evangelista sottolinea soprattutto due cose.

– Il senso del nostro battesimo. Gesù sputa per terra, fa del fango con la saliva e tocca gli occhi al cieco che lo manda a lavarsi nella piscina. È un riferimento alla prima pagina della Bibbia, quando all’atto della creazione dell’uomo, preso dalla terra, Dio infonde lo spirito della vita (Gn 2,7).   Quel cieco é il simbolo di ognuno di noi. Anche noi simbolicamente, un giorno siamo andati alla piscina di Siloe – il fonte battesimale – ci siamo lavati e siamo stati rigenerati. Nel battesimo avviene una nuova creazione: immersi nella morte e risurrezine di Gesù, siamo fatti figli di Dio, e lo siamo realmente (1Gv, 3,1). È il più grande dono che Dio può darci; è il senso della nostra vita vissuta nella gratitudie: “Se conoscessi il dono di Dio!”, diceva Gesù alla samaritana nel vangelo di domenica scorsa. Il giorno del nostro battesimo è da celebrarsi!

– Il secondo elemento è la fede come nuovo modo di vedere la vita e la storia. La luce che abbiamo ricevuto, attraverso la Parola di Dio, è la fede che è destinata a crescere, proprio come è avvenuto al cieco nato, simbolo di ogni battezzato. Egli prima vede in Gesù, un uomo, poi un profeta, in seguito, l’uomo di Dio e, finalmente, il Signore/Kyrios, che è il titolo del Risuscitato, proprio come faceva il catecumeno la notte di Pasqua nella sua professione di fede: “Credo in Gesù Cristo che é il Signore-Kyrios” e, a partire da quel momento, era accolto tra gli altri illuminatii da Cristo, Luce senza tramonto, che ci fa portatori di luce, fotizòmenoi.

Ma la catechesi non finisce qui: la fede è un dono, frutto dell’incontro con Cristo; ma è anche un rischio. Infatti, il cieco nato, una volta guarito ha compreso che Gesù è il Messia ed è chiamato a prendere posizione difendendolo ad oltranza. Discute con le autorità che si ostinano perfino a  negare la sua guarigione pur di negare l’azione di Gesù; presumono di sapere tutto, ma non sanno chi è quest’uomo che lo ha curato. Il cieco non si lascia intimidire. Tutto cambia nella sua vita: riacquistare la vista è come rinascere. Ma ancora di più avviene nel suo spirito illuminato da una fede così viva che resiste agli insulti dei giudei e all’espulsione dalla sinagoga, la sua Comunità di fede! (v. 34). Affronta anche l’abbandono dei suoi genitori che, per paura, non prendono posizione in favore del figlio (v. 21). Ciò ricorda la situazione dei cristiani perseguitati. La fede autentica non è mai senza rischi.

Anche la nostra fede oggi è sotto processo; è relegata nel privato, non possiamo testimoniarla senza essere chiamati oscurantisti; ci é chiesto di non lasciare infuenzare la società che si professa laica … in realtè laicista; alla nostra fede é negato il riconoscimento di conoscenza cioè di luce sulle questioni decisive della vita e della storia.

A noi, illuminati, ci é chiesto di essere anche luce per gli altri. Se Gesù ha affermato di sé: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), ha anche detto: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). Cioè la sua luce per il mondo passa attraverso di noi suoi discepoli; perchè non basta essere luce, occorre diventare luce. La nostra condotta cristiana diventa un raggio di luce che illumina le coscienze, e così diventiamo missionari, perchè in ogni battesimo nasce un nuovo missionario! Un illuminato non può non illuminare, irradiare intorno a sé lo splendore che ha ricevuto da Cristo, luce del mondo, da qui l’esortazione di Paolo nella 2ª lettura di oggi: Svégliati … Cristo ti illuminerà (v. 14).             Il cieco è l’immagine di ogni battezzato che è arrivato alla luce della fede; luce che siamo chiamati ad accolgiere e manifestare con la nostra vita. La fede illumina tutta la nostra esistenza dandole senso e orientamenti nuovi. Infatti, non basta vedere; dobbiamo vedere con lo sguardo di Dio e illuminare, con azioni concrete, gli altri; proprio come ci viene ricordato ancora da san Paolo: “Ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia, verità ” (v. 9).

Ogni domenica Gesù ci guarisce e ci illumina con la sua parola; rinnova i gesti del nostro battesimo, aprendo le nostre orecchie e i nostri occhi con il dono di una nuova luce che ci apre alla riscoperta di un senso sempre rinnovato della nostra vita.

Manca ancora un pò di tempo per la Pasqua, ma la Chiesa ci invita alla gioia. Non possiamo fermarci al venerdì, siamo protesi verso la Pasqua apportatrice di luce e di gioia, perchè tutto è gioia in Dio, per la certezza che ci dà di essere, nonostante tutto, amati da morire!