La 4ª domenica dopo Pasqua è la domenica del Buon Pastore e, per questo, la giornata mondiale di preghiere per le vocazioni sacerdotali e religiose. L’iniziativa, presa da Paolo VI, è dovuta al fatto che in questa domenica ogni anno, si proclama un brano del 10º cap . del vangelo di Giovanni, dove Gesù si presenta come il Buon Pastore. Anche la 2ª lettura riprende questo tema a proposito della sua catechesi ai neofiti sopra il battesimo, al quale si richiama anche la 1ª lettura, tratta dal discorso di Pietro nel giorno di Pentecoste. Continua così la preoccupazione della Liturgia di mantenere legati i temi della risurrezione, della conversione e del battesimo. Infatti, l’avventura della nostra fede comincia con il Battesimo, nel quale, secondo la catechesi di san Paolo, siamo immersi nella morte e risurrezione di Gesù (Rm 6,3-6). Celebrando la Pasqua, attualiziamo la risurrezione di Gesù e, nello stesso tempo, attualizziamo il nostro battesimo, con tutte le grazie e potenzialità che esso comporta.
L’immagine del pastore è familiare nella Bibbia. I personaggi principali dell’A.T. erano pastori: i Patriarchi, e Mosè e Davide furono chiamati mentre pascolavano le pecore. Nell’A.T. troviamo la bella l’invocazoione del Salmo 80,2: “Tu pastore d’Israele, ascolta, tu che guidi il popolo come un gregge”. Bella anche la sensazione di sicurezza che trasmette il Salmo 23,1: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla!”. Dio stesso manda dei pastori scelti “perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore” (Nm 27,17). Questo perchè i governanti erano pensati come coloro che dovevano garantire l’alimentazione al gregge/popolo. Si attribuisce loro, dietro questa immagine, il senso di paternità.
Nella catechesi sul battesimo della 1ª lettera di san Pietro (2ª lettura di oggi) Gesù è presentato come il nostro pastore e custode che, avendo portato i nostri peccati sulla croce, ci “ha guariti nelle sue piaghe” (v. 25). Ecco, il buon pastore è colui che dà la vita per le sue pecore che, non hanno altro cammino, che seguire le orme del loro pastore. Il vangelo di oggi propone la prima parte del capitolo 10º di Giovanni nel quale è sviluppato il tema del pastore. È lo stesso Gesù a fare la distinzione tra il cattivo e il buon pastore. Il cattivo pastore, che non è proprietatio delle pecore, davanti al pericolo fugge. Il buon pastore difende le pecore e arriva a dare la vita per loro. Inoltre, il buon pastore mantiene una relazione di tenerezza con le pecore: le chiama per nome una per una e le pecore conoscono la sua voce. Il pastore dava dei nomi alle sue pecore e, quando la mattina andava a prenderle dall’ovile, dava un fischio e tutte, riconoscendolo, rizzavano le orecchie e aspettavano di essere chiamate per nome: quando sentivano il nome e sapevano che il pastore era là per darle da mangiare. È riconosciuto come il buon pastore, perchè si prende cura di loro. Quando il vangelo dice che Gesù “ebbe compassione della moltitudine perchè sembravano come pecore senza pastore” (Mc 6,34), vuole alludere alla mancanza di pastori con i sentimenti di Cristo.
Il vangelo di oggi insiste anche sulla voce del pastore: ella è ascoltata (v.3), riconosciuta (v.4) e distinta da quella degli estranei (v. 5): “Io conosco le mie pecore ed esse conoscono la mia voce e mi seguono”. Diverse voci oggi riecheggiano dentro di noi. C’è la voce di Dio che parla alla nostra coscienza e c’è la voce tentatrice che ci conduce al male. Come fare a riconoscere la voce del buon Pastore? Come distinguere l’ispirazione di Dio dalla suggestione del maligno? Si può imparare a discernere queste due voci esse infatti, parlano due lingue diverse.
La voce di Dio non obbliga: Dio si propone, non si impone, dice papa Francesco. Invece la voce cattiva seduce, assale, costringe; suscita illusioni, emozione allettanti, ma passeggere. All’inizio ci dà la sensazione di essere onnipotenti perchè scegliamo e siamo liberi. In realtà non si tratta di libera scelta, ma di condizionamento; infatti la carica di sensazione e pulsioni ci porta a cedere all’illusione della tentazione. La voce di Dio, invece, ci corregge con pazienza, ci incoraggia a proseguire nonostante le debolezze e le cadute. Proprio come il buon Pastore che si fa vicino alle pecore, attento alle loro diverse necessità.
C’è ancora un’altra differenza tra le due voci. La voce del tentatore ruota sempre sull’io, alle sue pulsioni, ai suoi bisogni, al tutto e subito. È come i capricci dei bambini: tutto e adesso. La voce di Dio, invece, non promette mai la gioia a basso prezzo; ci invita ad andare oltre il nostro io per trovare il vero bene, la pace. Il male non dona mai la pace; mette frenesia prima, e lascia amarezza dopo. Questo è lo stile del male. Inoltre la voce di Dio e del tentatore parlano in ambienti diversi. Il tentatore predilige l’oscurità, la falsità, il pettegolezzo. Se è facile da ascoltare e da seguire è segno che è una voce vuota, ingannevole, come la voce della sirena. Il Signore, invece, ama la luce del sole, la verità. Il nostro è un tempo difficile, e la tentazione di chiuderci in noi stessi è grande. Prestiamo attenzione alle voci che giungono al nostro cuore; chiediamoci da dove arrivano. Chiediamo la grazia di riconoscere quella del buon Pastore che ci conduce ai pascoli della vera libertà.
Leggendo i racconti della resurrezione è interessante notare che i discepoli credono nella resurrezione di Gesù non perchè lo vedono, ma perchè sentono la sua voce. Senza la sua voce, loro sono tratti in inganno, infatti: Gesù è visto come un fantasma quando cammina sulla acque (Gv 6,16-24), la Maddalena lo confonde con il giardiniere (Gv 20,1-18), i due di Emmaus lo scambiano per un pellegrino (Lc 24,13ss): ma tutti lo riconoscono alla voce; la voce del Maestro, di un amico, di qualcuno che ci tiene come familiari, qualcuno che sentiamo che ci ama. Se ci lasciamo istruire dallo Spirito, nel frastuono di tante voci e di tanti messaggi, saremo in grado di distinguere la voce del nostro vero Pastore.
San Pietro nella 2ª lettura ricorda ai cristiani del suo tempo che erano come pecore erranti (v. 25). Anche la Chiesa oggi si presenta dispersa, smarrita tra le voci di falsi pastori: abbiamo bisogno di tornare al Vangelo, all’ascolto della Parola che è quasi stata esiliata. Quanti hanno l’abitudine di leggere quotidianamente il Vangelo, di dedicare un momento all’ascolto della voce del Maestro, del pastore e guida delle nostre anime, secondo l’espressione di san Pietro? (v. 25). Oggi, con il celluare non dovrebbe essere difficile. A colui che ascolta la sua voce è riservata una bella sorpresa: “Io sto alla porta e continuo a bussare. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Cosa possiamo aspettarci ancora da Lui? Siamo il gregge che il buon Pastore, soprattutto la domenica, raduna e nutre con la sua Parola, suo Corpo e il suo Sangue. Egli ci chima per nome, perchè ci conosce e vuole darci la vita in pienezza. Seguiamo la sua voce e fidiamoci di Lui! Come ci invita a fare il bellissmo salmo responsoriale che abbiamo cantato oggi: “Il Signore è il mio Pastore,non manco di nulla!”.
Oggi ricorre la 60ª giornata di preghiera per le vocazioni; preghiamo perchè il Signore mandi buoni operai affinchè tutti possano sperimentare la nostra stessa gioia; perchè l’appartenenza al gregge del Signore non è privilegio di pochi, ma grazia offerta a tutti. Buona domenica!