Stiamo celebrando la 6ª Domenica dopo Pasqua; siamo in cammino verso Pentecoste. Nel vangelo e nella 1ª lettura di oggi apppare un Personaggio che, spesso, nella nostra vita  passa in secondo piano, perchè concepito come qualcosa di aereo, invisibile opposto a ciò che è materiale, mentre è molto reale, benchè la Bibbia lo presenti come un soffio, un alito forte: è lo Spirito Santo, promesso da Gesù. Oggi stiamo iniziando un piccolo Avvento per preparaci a riceverlo. Nella 1ª lettura troviamo il diacono Filippo in missione nella Samaria. Bisogna fare un passo indietro per capire come questo cristiano si trova nella Samaria, una regione della Palestina malfamata, con la quale gli ebrei avevano un contatto ostile. La persecuzione costringe i cristiani ad abbandonare Gerusalemme. Ma la lettura sottolinea un fatto importante: costoro fuggono dalla morte, ma non dalla missione di annunciare Gesù Risuscitato. Così molte delle prime Comunità cristiane non furono fondate dagli Apostoli, ma da questi cristiani, laici che fuggivano dalla morte a causa della loro fede. Quando gli Apostoli seppero che nella Samaria era stata accolta la Parola di Dio, furono là per dendersi conto. San Luca ha riportanto questo fatto per dirci che le Comunità cristiane possono nascere ovunque, ma devono stabilire legami di comunione con la Chiesa universale. Sapendo che non avevano ricevuto lo Spirito Santo, impongono loro le mani e questi cominciano a profetizzare. Più tardi questo gesto porterà a definire il sacramento della Cresima. Il messaggio della Lettura è che, se siamo stati conquistati da Gesù, non c’è nulla che possa trattenerci dal testimoniarlo, perchè il suo Spirito sarà la nostra forza. Ma lo Spirito scende solamente sopra coloro che ha accolto la Parola di Dio.

Il tema dello Spirito Santo ritorna nel vangelo di oggi che presenta due messaggi: l’osservanza dei comandamenti e la promesa dello Spirito Santo. Siamo nell’ultima cena e Gesù fa il suo discorso di addio. Ma non parte senza lasciare nulla e senza promettere nulla: lascia un nuovo comandamento e promette lo Spirito Santo (non vi lascerò orfani, v.18). In più, non ritorna dal Padre solo, ci porta con sè nel cuore del Padre, e allora comprenderemo che Lui e il Padre sono una cosa sola e che il loro amore si riversa su di noi. La condizione per ricevere questi segni dell’amore straordinario è rispondervi vivendo i comandamenti: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e il pregherò il Padre perchè mandi lo Spirito Santo” (v. 15), il Paraclito = quello che sta accanto (protettore, soccorritore, difensore); ma lo Spirito Santo scenderà solamente su coloro che sono in sintonia con Gesù, con i suoi progetti, con la sua missione. E allora la nostra gioia sarà completa, perchè avremo accesso al cuore della Trinità e, già qui in terra, possiamo pregustare l’ebrezza del suo amore: la celebrazione liturgica serve a questo. E’ questa realtà che incanta i santi e li fa innamorati di Dio.

Il comandamento dell’amore è già presente nell’Antico Testamento: “Ama il Signore tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5)” e “il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18), ma Gesù dice che per un cristiano, che ha fatto l’esperienza indicibile dell’amore di Dio, “amare il prossimo come se stessi” è appena l’inizio”; il cristiano è chiamato a fare un decisivo passo avanti: “Amatevi COME io ho amato voi …”. In più, Gesù non ha detto: “amate me come io ho amato voi”, ma: “AMATEVI a vicenda come io ho amato voi”. Gesù ci ama  come Lui è amato dal Padre; e chiede che noi ci amiano come noi siamo amati da Lui. E con l’intensità dell’amore del Padre ci ha amati per primo. E ci ha amati per primo, osserva santo Agostino, perchè noi lo amassimo e ci amassimo vicendevolmente. È um mistero d’amore, che solo a pernare fa venire le vertigini: siamo amati da Dio! Gesù ci chiede con insistenza che questo suo amore gratuito diventi forma concreta tra di noi, diventi amore scambievole, che è la condizione per essere riconosciuti come suoi discepoli. Egli mira a formare di noi, suoi discepoli, una comunità compatta, cementata nel suo amore, dove tutti ci sentiamo fratelli e viviamo gli uni per gli altri. Di fatto come potremmo essere messaggeri dell’amore di Dio nel mondo se non ci amassimo tra noi?

Ma amare è quello che noi meno sappiamo fare perchè prevale in noi la forza distruttrice dell’egoismo, dell’orgoglio, del ripiegamento su noi stessi. Quante volte ci troviamo a calcolare ad amare fino a un certo punto, solo se vediamo un’utilità pratica, trarre qualche vantaggio. L’amore, invece, è oblativo cioè, pura gratuità. Ma chi sarebbe mai capace di vivere e portare al mondo l’intensità di questo amore? Per aiutarci a camminare su questa strada, Gesù promette di pregare il Padre perchè mandi su di noi lo Spirito Santo, un altro Paraclito, cioè un Consolatore, un Difensore che ci dia l’intelligenza per ascoltare le parole di Gesù, e il coraggio di testimoniare il suo amore. Di fato, dopo Pentecoste, i cristiani sono presi da un coraggio che sorprende tutti, e la loro testimonianza sarà un’attrazione per molti.

Lo Spirito Santo non è una forza impersonale, è  l’amore tra il Padre e il Figlio fatto Persona, la seconda Persona della Santissima Trinità. È Dio come il Padre e il Figlio, come professiamo nel Credo. È Dio che ci aiuta ad essere persone libere per amare; che ci fa comprendere l’immensità dell’amore di Dio che ci ha amati per primo, e ha mandato suo Figlio nel mondo perchè noi avessimo la vita per Lui (1Gv 4,9). Gesù ci ha garantito che lo Spirito Santo dimorerà presso di noi e sarà in noi (Gv 14,17). È il dolce ospite che ci fa ricordare quanto siamo amati in totale gratuità; che siamo tempio e dimora di Dio. Per questo, con il dono dello Spirito Santo si completa la nostra immersione  nel cuore della Santissima Trinità.

Di queste belle verità della nostra fede dobbiamo dare testimonianza a coloro che ci chiederanno le ragione della nostra fede, come ricorda san Pietro nella 2ª lettura di oggi (v.15). Per questo, dobbiamo fondare la nostra fede su basi solide, su convinzioni profonde, perchè lo Spirito Santo ci ha fatto scopire che Dio “è Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3).  Così noi, consolati e confortati dalla presenza del Paraclito, dobbiamo essere dei paracliti per i nostri fratelli; gente capace di scorgere dove c’è un’afflizione da alleviare, una tristezza da confortare, una paura da aiutare a superare, una solitudine da rompere.

L’Eucaristia che celebriamo è il sacramento che rinnova in noi la presenza dello Spirito Santo. Infatti, nella Messa, dopo la consacrazione, noi chiediamo al Padre: “A noi che ci nutriamo del corpo e sangue di Cristo dona la pienezza dello Spirito Santo”. E sappiamo che con la pienezza dello Spirito Santo, il Padre ci darà anche la pienezza della sua consolazione! Allora saremo in grado di dire con santa Teresa d’Avila: “Solo Dio basta!”.

La Madonna, modello di chi sa ascoltare la Parola di Dio ed accolgiere il dono dello Spirito Santo, ci aiuti a vivere e testimoniare con gioia il Vangelo, nella consapevolezza di essere sorretti dallo Spirito, fuoco divino che riscalda i cuori e illumina i nostri passi.

Buona domenica!