Is 56, 1.6-7; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15.21-28.

Il cuore del cristiano deve avere un respiro universale. Se  esiste un unico Dio, creatore e Padre, esiste una sola salvezza come suo dono. La fede, la salvezza sono, quindi, doni di Dio destinati a tutti; ma questa idea si fece strada con molta fatica. Nell’antichità ogni popolo aveva il suo dio; e quanto maggiore fosse la sua rappresentazione più potente era considerato. Anche nella Bibbia incontriamo espressioni come questa: “Javè è il più grande fra tutti gli dei”. Si trattava, quindi, di dei nazionali. Gli stessi ebrei, per essere il popolo scelto da Dio, sostenevano che solo loro erano destinatari della salvezza; i pagani era chiamati cani, e una reminiscenza di questa idea si incontra nel vangelo di oggi.

Nella 1ª lettura il profeta Isaia riporta la parola di Dio che chiede la conversione, perchè Lui è vicino (v. 1). Ma, sorprendentemente, l’invito è rivolto anche agli stranieri, cioè ai pagani: la salvezza è offerta a tutti, perchè l’amore di Dio non ha confini. E Dio arriva ad affermare che la sua casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli (v. 7). Dio, quindi accetta la preghiera di tutti i popoli e li accoglie nella sua casa.

Questa apertura a coloro che sono lontani la incontriamo nel vangelo di oggi, e vuole rispondere a una delle difficoltà delle prime comunità cristiane, quando si trovarono a convivere con coloro che prima erano pagani. Il pagano prima doveva diventare ebreo, con la circoncisione, e poi cristiano con il battesimo. Ma la salvezza è riservata a un popolo privilegiato, o è offerta a tutti i popoli? Gesù non aveva ordinato di fare discepoli tra tutte le nazioni (Mt 28,19-20)?

La discussione provocò divisioni nelle prime Comunità cristiane, e durò parecchi anni. Paolo e Barnaba dovettero consultare gli Apostoli e i cristiani di Gerusalemme. La risposta fu: per un pagano che diventa cristiano, basta il Battesimo; il che fu visto come un grande sollievo per i pagani. Questo problema  sembra esistesse ancora verso gli anni 80, e l’evangelista Matteo risponde con l’episodio della donna cananea che implora da Gesù la guarigione della figlia, riportato nel vangelo di oggi.

Sembra che Gesù avesse qualche riserva nell’esaudire il desiderio della donna. A causa del breve tempo, Gesù aveva limitato la sua missione “alle pecore della casa d’Israele”, e aveva ordinato ai discepoli di proclamare il vangelo, anzitutto, ai dispersi della casa di Israele (Mt 10,3). Ma il senso della sua missione è universale, infatti quando Gesù, il giorno dell’Ascensione, invia i discepoli in missione, gli ordina sì di annunciare il Vangelo a partire da Gerusalemme e dalla Galilea, ma li spinge anche nella Samaria e ai confini della terra. Nel caso della donna cananea, Gesù non forza i tempi con decise prese di posizione; vuole arrivare per una via diversa, più umana, quella di partire da situazioni concrete che aiutino a capire le ragioni profonde della nuova mentalità che egli richiede. Diciamo che è un caso emblematico della pedagogia di Gesù.

Gesù coglie con simpatia ciò che c’è di grande anche nei pagani, negli stranieri, considerati esclusi dalla mentalità diffusa, per farci capire che Dio li ama. Ormai c’è un criterio nuovo per cogliere la grandezza dell’uomo: non l’appartenenza a una razza, a un gruppo religioso, ma la fede. E nel caso della donna cananea, che chiede la cura della figlia, Gesù attende lo sbocciare della sua fede, per motivare il suo intervento e far capire a tutti la grande verità del Vangelo.

I cananei erano un popolo nemico storico degli ebrei; ma siccome la donna insiste fino ad infastidirli, gli apostoli chiedono a Gesù di esaudirla, pur di liberarsi di lei. Gesù ricorda alla donna che vengono prima le pecore perdute del suo popolo e poi i cagnolini (pagani). Essa non reagisce con risentimento, ma con umiltà ribalta a suo vantaggio l’immagine dei cagnolini e replica: “Signore, anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (v. 27). L’immagine dei cagnolini, così come ripresa dalla donna, illumina Gesù: nel regno di Dio non ci sono figli e non figli, uomini e cani, ma solo fame e sete da saziare, anche quelli che pregano un altro dio.

Ella, straniera e pagana, sembra dire a Gesù: “Tu non sei venuto per quelli di Israele; tu sei Pastore di tutto il dolore del mondo”. La grande fede della donna sta nel credere che Gesù prova dolore per il dolore di ogni bambino; che la sofferenza di un figlio conta più della sua religione. Ha la fede delle madri che soffrono. E sa che Dio è felice quando vede una madre, qualsiasi madre, abbracciata felice alla carne della sua carne, finalmente guarita! La sua fede è come un grembo che partorisce il miracolo: “avvenga come tu desideri” (v. 28). Gesù si commuove per la grandezza della sua fede: la figlia è curata. Cerchiamo di cogliere il messagio.

– La donna ha chiamato Gesù “Signore”, e per ben tre volte” e anche figlio di Davide. Il Vangelo vuol dirci che, inquanto il popolo eletto (gregge) non riconosce Gesù, una pagana (cane) lo confessa come Signore. Davanti a tanta fede Gesù cede.

– Le comunità cristiane hanno capito che Gesù, oltre ad aver fatto delle “incursioni” in terra pagana nella sua missione, predicando nelle città di Tiro e Sidone, ha esaudito la preghiera di una pagana, e anche di un soldato/centurione romano (Lc 7,1-10), per questo tutti sono chiamati alla salvezza e la Chiesa, seguendo l’esempio di Gesù, non può escludere nessuno dall’annunzio del Vangelo.

– L’episodio della Cananea ci insegna anche a non desistere nella preghiera. Anche quando sembra che la nostra supplica  non venga esaudita, non dobbiamo perderci d’animo; non temiamo di essere inopportuni. Non ce lo ha raccomandato Gesù di pregare con insistenza? (Lc 18,1).

– Ci ha insegnato a portare avanti la nostra storia di dolore, il nostro peccato davanti al Signore, e lasciarci toccare dalla sua tenerezza: “Se vuoi, puoi guarirmi!”.

– Ci ha fatto toccare con mano la bontà di Gesù. Egli non esaudisce la nostra preghiera perchè noi siamo  santi – la donna cananea era pagana – ma perchè Lui è buono e desidera ardentemente farci del bene.

– Come questa donna, siamo mendicanti di grazia e di salvezza; quello che abbiamo, la fede, va condivisa. Dobbiamo favorire le occasione che proporzionano l’incontro con Gesù, ed essere felici di comunicare agli altri la gioia che ci viene dalla fede in Lui. Il mondo attuale ci mette in contatto con molte espressioni diverse della fede. Dobbiamo cercare quello che ci unisce.

– Infine, vale la pena ricordarlo sempre, Dio vuole che tutti conoscano il Vangelo e giungano alla salvezza. Gesù insegna agli Apostoli ad uscire dal loro guscio e aprirsi all’universalità della salvezza. La casa di Dio, ce lo ha ricordato la 1ª lettura, è casa di preghiera per tutti i popoli (v. 7).