Siamo preziosi agli occhi di Dio! È il messaggio delle letture di questa 27ª domenica. Il profeta Geremia ci lascia la dimensione dell’amore di Dio: “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà” (31,3b). Siamo sempre presenti nella mente e negli occhi di Dio, perchè questo amore lo ha portato a scrivere, a tatuare il nostro nome sulla palma della sua mano (Is 49,16). La 1ª lettura di oggi ce lo dice con la storia di una vinha, cantata da un amico del proprietario. E’ una delle pagine più belle e commoventi della Bibbia.

Nella Bibbia, la vinha è un simbolo della pace, dell’unione familiare, della gioia e della festa. Ricordo, quand’ero bambino, l’allegria della vendemmia, le filastrocche che cantavano i vendemmiatori e le vendemmiatrici, proprio come ricordava il Pascoli in una delle sue poesie giovanili. In questo contesto culturale della gioia dell’amore è nato il cantico della prima lettura di oggi. L’amico dello sposo canta la storia della vigna piantata su una collina soleggiante e fertile; aveva scelto ceppi pregiati selezionati, aveva costruito una siepe e un muro di protezione in attesa di cogliere  uva pregiata. Ma la vigna produsse acini acerbi, aspri, immangiabili (v. 4). Lo sposo si sentì come un innamorato tradito e, deluso e amareggiato, pensò alla distruzione della vigna. L’ultima strofa del cantico dà nome ai personaggi: il padrone della vigna è Dio, la vinha è Israele, il popolo di Dio che risponde a tanto amore con infedeltà e ribellione; il Signore si aspettava frutti di giustizia sociale, l’amore al povero, alla vedova e all’orfano e invece ha trovato spargimento di sangue, grida di oppressi (v. 7).

La severa denuncia del profeta Isaia viene riproposta a noi cristiani di oggi che a volte abbiamo l’illusione di essere a posto con Dio, forse perchè impeccabili nelle pratiche religiose .. ma esse da sole non bastano …  è quello che ci dice Gesù con la parabola nel vangelo di oggi. Anzitutto Gesù ripete l’invito: “Ascoltate!”, che evoca l’esortazione tante volte gridata da Mosè e dai profeti. Si tratta di smettere di sentire soltanto, per imparare ad ascoltare con attenzione una parola che viene dal Signore, ad accogliere nel cuore questa parola al fine di operare un mutamento e realizzare ciò che il Signore chiede a chi è e vuole essere in alleanza con lui. Gesù ricorre all’immagine della vigna, ma in un contesto differente dalla 1ª lettura. Qui la vigna produce, ma i frutti non vengono consegnati al padrone, anzi i suoi inviati vengono maltrattati e alcuni uccisi, ma il padrone non si rassegna e manda suo figlio, ma anche questi viene deriso, maltrattato, cacciato fuori dalla vigna e ucciso e la vinha viene usurpata. Cerchiamo di identificare i personaggi: Il padrone è il Signore che ha prodigato tante cure per la sua vigna; la vigna è il popolo di Dio; i contadini sono i responsabili del popolo; gli inviati sono i profeti perseguitati e uccisi; il figlio inviato, cacciato dalla vigna e ucciso è Gesù. Ma il vangelo di oggi si chiude con una lieta notizia: malgrado i rifiuti dell’uomo, alla fine Dio trova sempre il modo di raggiungere lo scopo di ottenere i frutti buoni che desidera: la vigna è consegnata ad altri!

Nella prima lettura, la risposta del Signore all’infedeltà del suo popolo è la distruzione e l’esilio, nella parabola del vangelo Gesù segue un’altra logica: invece di approvare la distruzione pronunciata dai suoi ascoltatori (v. 41), consegna la vigna ad altri agricoltori, ad altri popoli, ai pagani perchè gli consegnino i frutti.

Quando san Matteo scrive questa parabola ripensa ai capi del popolo che hanno rigettato Gesù, ma anche alla sua comunità e alle comunità cristiane del mondo intero e di tutti i tempi: ogni comunità cristiana, ogni cristiano è un vignaiuolo dal quale il Signore si attende i frutti della fede in Lui, altrimenti il Regno di Dio può essere ancora tolto … Per esempio: dov’è la grande Chiesa dei Corinzi, la  grande Chiesa di Antioquia, la potente Chiesa di Costantinopoli … e dove sta andando la Chiesa dell’Europa … dell’Italia … quali sono i frutti della sua fede? Il Regno di Dio sta per essere consegnato … alle Chiese dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia?

Ma questa interpellazione è anche personale: quali sono i frutti della mia fede in Gesù, della bontà e misericordia del Padre? Stiamo dando al Signore quello che si aspetta? Stiamo dando al mondo quello di cui ha bisogno? Il Signore ci vuole fermento, sale e luce per un mondo che si allontana sempre più da Lui.

Va in questo senso san Paolo, quando nella 2ª lettura ci chiede se “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù …”  (v. 8) è oggetto dei nostri pensieri. In una parola, siamo costruttori della civiltà dell’amore? Siamo seminatori di speranza? Se questo avviene nella nostra vita, non abbiamo motivo di angustiarci per nulla, perchè la pace di Dio custodisce i nostri cuori e le nostre menti, come conclude san Paolo in questa lettura (v. 6). Questo “non angustiatevi” ci impegna in un giusto rapporto con le cose dando loro il valore che meritano, di modo che nelle difficoltà non c’è motivo di disperarsi perché la nostra vita è nelle mani di Dio. Così i nostri cuori e i nostri pensieri saranno custoditi nella pace (v. 7).

Nell’acclamazione al vangelo abbiamo sentito le parole di Gesù a proposito della vigna: “Io sono la vita, voi i tralci. È come dire: “Io sono in voi e voi in me”. L’uva, il frutto, non è dato dalla vite/tronco, ma dai tralci. Il Signore, quindi, si aspetta dei frutti da noi suoi tralci. Ma possiamo produrre frutti solo si rimaniamo uniti alla a Lui, vite/tronco.  Ancora un’altra considerazione: “Io sono in voi e voi in me”. Come i tralci sono legati alla vite, così voi appartenete a me! Ma appartenendo a me, ricorda Gesù, appartenete anche gli uni agli altri. Siamo tutti tralci dell’unico tronco che è Gesù Cristo e, come tali, formiamo la Chiesa, questa comunità di vita con Gesù e i fratelli. Allora il mio stile di vita cristiano è fraterno, al punto di chiamare l’attenzione e attrarre altre persone a Gesù? Tertulliano ci riporta l’ammirazione dei pagani per i primi cristiani: “Come si amano!”, dicevano. Portare frutti significa destare questa ammirazione e così, suscitare nuovi, discepoli di Gesù perché la fede si trasmette per attrazione! E questo succede quando, inebriati dell’amore di Dio, ci sentiamo amati, preziosi ai suoi occhi, come quei sarmenti scelti della sua vigna. Sì, preziosi ai suoi occhi, perchè Dio ci ama da morire!