Sap 6,12,18; 1Ts 4,13-18; Mt 24,42ª-44

Noi cristiani siamo nel mondo, ma non apparteniamo al mondo. Qui siamo di passaggio; siamo in cammino verso l’incontro con il Signore, per questo chiediamo con il salmista: “Signore, insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Salmo 80, v. 12). E’ questo ce lo suggerisce soprattutto la parabola del vangelo di oggi, indicandoci l’orizzonte della nostra esistenza e il modo di raggiungerlo. Nella sua predicazione Gesù parte sempre dalle circostanze della vita, dalle immagini, usi e costumi conosciuti da tutti e se ne serve per fare delle parabole. Oggi ci racconta la storia di 10 ragazze, 10 damigelle d’onore scelte per accogliere e accompagnare la sposa. Lo sposo va a prenderla, ma non si sa quanto ci mette. Tutte le ragazze sono in attesa e, per questo, hanno preso le loro precauzioni, portando con sé le lampade. Alcune più previdente, portano anche dell’olio di scorta; altre, più spensierate e distratte, no. Lo sposo tarda, come era da prevedersi. L’attesa stanca e tutte le damigelle si assopiscono e si addormentano. Attenzione, tutte, si assopiscono e si addormentano. Ma, e qui sta la differenza, le sagge sono preparate, le altre no, e perdono l’occasione di entrare nella sala del banchetto, andando in giro per procurarsi dell’olio ormai nella notte. Al loro ritorno trovano la porta chiusa; non serve a niente battere alla porta: la risposta è drammatica: “Non vi conosco” (V. 12). Vediamo il senso e le diverse applicazioni della parabola per poter cogliere il messaggio di Gesù trasmessoci dall’evangelista Matteo.

I primi cristiani aspettavano con ansia il ritorno di Gesù risorto che pensavano imminente, e lo invocavano: Maranathàvieni, Signore Gesù. Il suo ritorno segnava il termine della storia e l’ingresso nel Regno proclamato da Gesù. Passati gli anni si chiedono come mai questo non avviene e cominciano a desistere dagli impegni della fede. L’evangelista Matteo riprende questa parabola di Gesù e la adatta alla situazione delle sue Comunità: nessuno sa il tempo in cui Gesù, lo sposo, viene, ma dobbiamo essere sempre preparati per non essere colti di sorpresa; la lampada dev’essere sempre accesa e, per questo, dobbiamo essere vigilanti: avere l’olio di scorta. Le 5 ragazze che non hanno preparato l’olio di scorta rappresentano i membri della Comunità che vivono distratti, spensierati o eccessivamente preoccupati. L’arrivo dello sposo le coglie di sorpresa e rimangono escluse dal banchetto. Le 5 ragazze previdenti che pensano anche all’olio di scorta, rappresentano i membri della Comunità che vivono attenti; grazie alla lampada accesa possono accogliere lo sposo ed essere ammessi al banchetto. Questa parabola ha diverse applicazioni.

– Al tempo di Gesù la parabola era diretta al popolo ebreo esortato a prepararsi all’arrivo di Gesù, il Messia; lo aveva fatto Giovanni battista predicando il battesimo come segno di conversione necessaria all’accoglienza del Messia.

– Verso gli anni 80 d.C. l’evangelista Matteo adatta la parabola alle sue Comunità che, non costatando il ritorno di Gesù risuscitato, perdono lo slancio e l’entusiasmo iniziale, adattandosi ad una vita mediocre.

– La parabola può essere riferita anche alla fine del mondo, quando avverrà il giudizio finale … ma, ad essere sinceri, ci sembra troppo lontano per preoccupare tanto!

– Può riferirsi al giorno della nostra morte della quale non conosciamo l’ora. A pensarci bene, è la cosa più seria della nostra vita: sappiamo che dobbiamo morire, ma non sappiamo quando. Ma cosa significa, a questo punto, essere vigilanti? Vivere col fiato sospeso, pensando notte e giorno alla morte, quasi paralizzati da questo pensiero? No, decisamente no: significa pensare alla vita e a come riempirla di contenuti, significa operare momento per momento. E’ così che hanno visto il simbolo della lampada sempre accesa i Padri della Chiesa: la lampada è la fede che si alimenta delle buone opere, la fede che si fa attiva nella carità, come diceva san Paolo (Gl 5,6). Qui noi siamo in attesa, perché la nostra anima ha sede di Dio, come abbiamo ripetuto oggi nel salmo responsoriale, ma in una attesa operante. Infatti la parola attesa deriva da tendere a, vivere protesi verso qualcosa, orientare la vita verso qualcosa o qualcuno che valga la pena, alzare lo sguardo, senza farsi prendere dalla noia, dalla stanchezza e approfittando di ogni occasione propizia per fare il bene.

– Se la parabola può essere applicata all’incontro finale con il Signore, può essere anche applicata ai piccoli e grande incontri con i fratelli con i quali si incrociano i nostri cammini, in ogni momento della nostra vita; nel nostro quotidiano vissuto con sapienza, che è l’arte di orientare bene la propria vita, con ponderazione e senza affanni, come ci dice la prima lettura (v. 15).

Questa attesa ci permetterà di incontrare il Signore con serenità perché ci ha fatti per Lui e ci vuole con Lui. Ce lo ricorda la seconda lettura dove san Paolo ci esorta a non lasciarci affliggere con il pensiero della morte, come quelli che non hanno speranza (v. 13), ma a confortarci a vicenda con le parole della fede (v. 18), perché il cristiano sa che la nostra vita non è interrotta dalla morte e che, grazie alla risurrezione di Gesù, siamo in cammino verso il Padre. Per questo, nonostante la sofferenza del distacco di una persona cara, non ci angustiamo come coloro che “non hanno speranza” (v. 13). A questo proposito mi ha fatto sempre specie leggere certi manifesti che annunciano la morte di qualcuno: “All’età di 96 anni è ritornato alla casa del Padre N… ne danno il triste annunzio …! Realmente, cose da pagani!

L’incontro con il Signore, alla fine della nostra vita, non sarà motivo di preoccupazione se lo abbiamo già incontrato nel fratello con il quale Lui si identifica: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Così, con tutta serenità e fiducia possiamo ripetere come san Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, (con la grazia di Dio) mi sono conservato fedele” (2Tm 4,7), con la lampada accesa. Buona domenica!