2Mac 7,1-2.9-14; 2Ts 2,163.5; Lc 20,27-38.
Da sempre l’uomo, posto di fronte al mistero della morte, si è chiesto: Che cosa succederà dopo? E ci sarà un dopo? È possibile che tutto si concluda nel nulla? La morte è davvero l’ultima parola? La liturgia della Parola di questa domenica non da risposte appaganti, diciamo a prova di scienza, ma ci dà una certezza di fede. Noi crediamo – come ci è stato trasmesso dai primi testimoni – e confessiamo che il Signore Gesù è morto ed è risorto e noi, come lui, risorgeremo. Infatti, Gesù è non è venuto in mezzo a noi per sé, ma per noi. Nel Credo noi confessiamo: “per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo, si incarnò, morì e risuscitò”. A questo proposito sono lapidarie le parole di san Paolo ai Corinzi: “Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!” (1Cor 15,12-13). La nostra fede è fede nella risurrezione!
Nell’Antico Testamento la fede nella risurrezione rimane piuttosto nell’ombra; solo più tardi, nel libro di Daniele e quello dei Maccabei appare più chiara. Ma questa fede non nasce dal nulla, si radica nella rivelazione della Bibbia, come lo dimostra Gesù nel vangelo di oggi: la potenza creatrice e salvatrice di Dio è tale che raggiunge l’uomo anche nella sua morte. L’affermazione del secondo figlio dei Maccabei, nella 1ª lettura di oggi, davanti alle torture: “Dopo che saremo morti per le sue Leggi, il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova” (v. 9) è il momento più alto. La famiglia dei Maccabei iniziò un movimento di ribellione contro il seleucide
Antioco IV Epìfane (175 a.C. – 164 a.C.) che imponeva ai popoli conquistati la sua religione e l’abbandono delle loro tradizioni. Resistettero fino alla morte con la certezza che la morte segna il limite estremo della nostra esistenza, ma non della potenza di Dio: “Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova”. I sette fratelli con la loro madre si dichiarano pronti ad affrontare la morte con la certezza che Dio ne darà loro un’altra. Ma non era ancora la risurrezione come Gesù ce l’ha rivelata; per loro i giusti avrebbero ricevuto da Dio una vita simile a quella che veniva loro tolta. Anche i farisei del tempo di Gesù continuavano con un’idea piuttosto rozza della risurrezione. Nella vita futura, dicevano, le gioie di questa vita saranno accresciute a dismisura; nel cielo non ci sarà più fame, malattie, sofferenze; ci sarà pane, carne e vino in abbondanza!
Al tempo di Gesù la fede nella risurrezione era ormai verità di fede. Ma il gruppo dei sadducei negava ogni possibiltà di una vita futura; e sono loro, nel vangelo di oggi, a riproporre la questione della risurrezione a Gesù. Loro erano gli esponenti della classe dirigente, amanti dell’ordine costituito e collaboratori dei romani. La cosa più sorprendente è che da questo gruppo uscivano i Sommi sacerdoti del popolo ebraico. C’è da domandarsi quale poteva essere il valore di un culto prestato da sacerdoti di una “religione” puramente e assolutamente terrena! Più tardi san Paolo porrà la sua conclusione ai suoi fedeli di Corinto che dubitavano della risurrezione: “Se noi speriamo in Cristo solo in questa vita, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini” (1Cor 15,19).
I Sadducei cercano di convincere Gesù che l’idea della risurrezione è assurda e imbastiscono una storia curiosa per metterlo in imbarazzo. Secondo la legge di Mosè, dicono, se un uomo muore senza lasciare figli, suo fratello sposi la vedova e, i figli nati da questo nuovo matrimonio sonno considerati figli del primo marito (Dt 25,5-10). Ora, una donna rimase vedova sette volte: dopo la sua morte, lei sarà moglie di quale di questi mariti? Gesù non si lascia sorprendere dalla provocazione e articola la risposta in due parti.
– I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito, ma quelli dell’altro mondo no, perché sono simili agli angeli …, sono figli di Dio (V. 34-36). Essendo rivestiti di immortalità non sarà più necessario il matrimonio per assicurare la conservazione della specie. La nostra vita sarà simile a quella degli angeli; ossia, la grazia di figli di Dio, ricevuta in germe nel battesimo, raggiunge il suo pieno sviluppo trasfigurando il nostro corpo.
Gesù smonta il falso presupposto dei sadducei, per i quali la vita futura sarebbe la continuazione migliorata di questa vita. Gesù non predica un risveglio dal sepolcro per riprendere la vita di prima; non avrebbe nessuno senso. Con la risurrezione l’uomo, pur mantenendo la propria identità, diviene un essere diverso, immortale, uguale agli angeli – dice Gesù – perché il corpo sarà spiritualizzato. Come sarà questa vita con Dio? Bisogna stare attenti a non proiettare nell’aldilà quello che di buono sperimentiamo di qua moltiplicato all’infinito: gioie, piaceri, soddisfazioni, come pensavano i farisei e pensano tutt’ora i mussulmani. Il libro della Sapienza afferma che “A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, ma chi può rintracciare le cose del cielo?” (Sp 9,15-16). La vita futura non può essere una edizione rivista e corretta della presente; sarebbe magra consolazione! Per Gesù, la risurrezione accomuna gli uomini agli angeli di Dio. La vita terrestre è una gestazione che prepara una nuova nascita; e a queste sublimi realtà possiamo accostarci soltanto mediante la fede, credendo che “quelle cose che occhio non vide, ne orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo, queste ha preparato Dio per coloro che amano”, secondo la bella espressione di san Paolo (1Cor 2,9). Non esistono due vite, la presente e la futura, ma un’unica vita che continua sotto due forme completamente diverse. Quella che noi chiamiamo morte è l’abbandono della forma di vita debole, fragile caduca per essere accolti nel mondo di Dio. Il corpo mortale viene rivestito e trasformato in un corpo che san Paolo definisce “incorruttibile, glorioso, pieno di forza, spirituale” (1Cor 15,42-43). Non posiamo dire di più!
– Nella seconda parte della risposta, Gesù afferma chiaramente la verità della risurrezione: non possiamo immaginare come sarà la vita con Dio, ma la fede ci dà la certezza che, dopo la morte, noi continuiamo a vivere, e a vivere con Lui! La prova che Gesù dà per convincere i sadducei la trova nella Bibbia: “Il Signore, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe non è il Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per lui” (v. 38). Gesù richiama l’autorità della sacra Scrittura: è Mosè che chiama il Signore “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, questo significa che essi sono ancora vivi, altrimenti Mosè e tutti gli altri ebrei avrebbero invocato un Dio dei morti. Come si può immaginare che Dio crea gli uomini, stabilisce un’alleanza con loro, fa tante promesse, si considera loro amico e poi un giorno li abbandona, li lascia scomparire nella polvere, nel nulla. Dio non può essere autore di progetti di morte: è il Dio dei vivi; è “l’amante della vita”, come abbiamo sentito due domeniche fa nel libro della Sapienza (11,26). Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi (Sp 1,13). Se “Dio è amore” (1Gv 4.8.16), più forte della morte è l’amore!
Noi non siamo sadducei, ma forse apparteniamo anche noi alla categoria di chi professa un cristianesimo che ha come unico orizzonte i giorni dell’uomo, nulla di più; una fede senza risurrezione. Al massimo pensiamo ad un dopo come premio per il bene compiuto o come punizione per il male fatto. Ma, la fede nella risurrezione è qualcosa, anzi molto di più. Per i sadducei l’unica cosa certa è la morte; Gesù, proprio in nome della Parola di Dio, va oltre; come i sette fratelli Maccabei che accettano di morire d’amore con la certezza di andare incontro alla nuova vita. Ed è in questa prospettiva che la vita presente ritrova la sua consistenza, perché quando manca la prospettiva dell’eterno tutto si consuma in una logica di possesso e di accumulazione per garantire solo la sussistenza. Gesù ha affermato: “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore, vivrà” (Gv 11,25). È Gesù la causa della vita eterna e anche la causa della risurrezione. In lui, tutto l’uomo è salvato, perciò anche la materia, il nostro corpo, è glorificato, risorto.
L’anno liturgico sta per terminare, il tempo trascorre, per questo la Liturgia ci offre la possibilità di riflettere sul senso della nostra esistenza e sul suo destino ultimo. Le domande possono essere tante. Ma la risposta di Gesù non è sul come della risurrezione, ma sul fatto che ci sarà la risurrezione, perché Dio è il Dio dei vivi. Non si può credere in Dio, senza credere nella risurrezione. Fede senza risurrezione è ateismo!